Azzurra e la sua storia…
Quando mi maltratta scuotendomi, avvicinandosi a me con il dito puntato sul viso e sbattendolo continuamente sul mio naso, quando mi stringe i lobi delle orecchie con le unghie, quando mi scuote prendendomi per i vestiti, quando mi urla contro, ha gli occhi spalancati e rossi dalla rabbia e le sue pupille sono piccolissime; intanto le vene del suo collo si gonfiano e pulsano.
Lui é così vicino al mio volto, ed io ho paura… mi sento un verme!
Non riesco più a muovermi, mi sento enorme, dilatata, gigante, come se il mio corpo occupasse tutta la stanza, mi pesa la mia stessa presenza. Sento di essere incapace di fare un qualsiasi movimento, mi sento bloccata, inchiodata in quel punto, come fossi immersa nelle sabbie mobili, per cui qualsiasi movimento mi porterebbe a sprofondare. Provo tanta vergogna per me stessa, nonostante sia consapevole che é lui il mostro!
Sono le parole di Azzurra, che arriva nel mio studio con gli occhi di chi ha pianto tutta la notte ed il viso stanco con un’espressione rassegnata.
Ha la testa china, ricomincia a piangere, mi guarda come un cucciolo spaventato dalle bastonate ricevute.
Si accomoda sul divano e con la voce rotta dal pianto esordisce dicendo “perché non riesco a lasciarlo? Perché non riesco a lasciare un uomo che mi fa del male?”
E’ la storia di Azzurra, una giovane donna sposata con due figli.
Una donna che sa muoversi nel mondo, di buona famiglia, buona cultura e dall’aspetto gradevole.
Descrive il marito come il Dott. Jekill e Mr. Hyde, con il quale vive una relazione in cui si sente schiacciata, umiliata, incatenata.
La osservo, e nel suo aspetto, nei suoi modi garbati, nel suo dialogare composto, emerge il desiderio di libertà, una voglia di vivere la vita; in quel momento frenata dalla paura di non essere all’altezza.
Perché Azzurra continua a rimanere in una relazione che lei stessa definisce “in trappola di un carnefice?”.
Vi sono degli elementi che legano una persona all’altra e nel caso di Azzurra questi sono rappresentati da:
COMPLEMENTARITA’: il partner ha capacità e qualità che lei non si riconosce di possedere in questo momento della sua vita, cosicché si sente completata dalla presenza del marito.
IDEALIZZAZIONE: proietta nel partner quei tratti (emotivi, sessuali, esistenziali), che lei desidererebbe esprimere ma non si autorizza a farli emergere, così li attribuisce a lui. Questi elementi creano il cosiddetto “legame emotivo di attaccamento.” Un legame che é stato costruito durante la nostra infanzia con la figura materna/paterna e che a livello inconscio continuiamo a ricercare.
Il fantasma della solitudine, l’allontanamento dal partner, visto come figura di attaccamento sostitutiva a quella originaria, fanno precipitare Azzurra in un’angoscia profonda, un dolore già provato in passato, tanto da renderla immobile anche davanti a violenze e azioni aggressive del marito, sia fisiche che psicologiche.
La paura della solitudine é talmente sovrastante tanto da riuscire a gestire tutta la sua vita, fino a perdere il rispetto per se stessa.
Immaginate la paura come se fosse il volume di uno stereo mentre ascoltate una canzone: se alzate il volume al massimo suoni e parole distorcono, non riuscendo più a discriminare il suono di ogni singolo strumento dalle parole. Non é più musica, ma rumore assordante che copre il mondo circostante, quasi si fosse impossessato dell’ambiente.
La paura é necessaria, rappresenta il nostro meccanismo di sopravvivenza per metterci in salvo nelle situazioni di pericolo, ma quando il suo volume é troppo alto, tanto da bloccarci, allora si trasforma in un meccanismo di freno alla vita.
Oggi Azzurra é una donna libera ed i suoi occhi sono tornati a brillare di luce interiore, i suoi desideri si sono esauditi grazie al raggiungimento di obiettivi che un tempo pensava irrealizzabili perché schiacciati dalla paura.
Se anche tu senti di essere nelle sabbie mobili, contattami, una via d’uscita esiste sempre.
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